Sotto
gli influssi del realismo europeo e del naturalismo francese, si sviluppa nella
seconda metà dell’ottocento il verismo italiano, di cui Verga è il massimo
rappresentante, sia pure con caratteri molto diversi rispetto agli autori del
tempo.
Il
Verga ebbe una concezione dolorosa e tragica della vita.Egli pensava che tutti
gli uomini sono sottoposti ad un destino impietoso e crudele,che li condanna
non solo all’infelicità e al dolore,ma anche ad una condizione di immobilismo
nell’ambiente familiare,sociale ed economico in cui sono venuti a trovarsi
nascendo. Chi cerca di uscire dalla condizione in cui il destino lo ha posto
,non trova la felicità sognata,anzi va immancabilmente incontro a sofferenze
maggiori come succede a ‘Ntoni nei Malavoglia e a Mastro don Gesualdo. Verga
non crede nella possibilità di un
qualsiasi cambiamento o riscatto,per cui all’uomo non rimane altro che la
rassegnazione eroica e dignitosa al suo destino. Verga descrive la realtà
sociale dell’epoca delle classi sociali più svantaggiate, non per denunciare ma
per prendere atto della presenza immodificabile del Male nel mondo. Secondo
quasi una legge della selezione
naturale animale, anche per l’uomo esiste la legge del più forte . Scrivendo impersonalmente dei vinti,
la sua diventa un’osservazione lucida di un vero crudele ed immodificabile.
Questo pessimismo spinge Verga alla
critica della società borghese, ma anche alla sfiducia verso ogni tentativo di
lotta o progresso. Neppure la creazione di uno Stato unitario e legiferante e
le nuove teorie socialiste, portano al superamento del pessimismo. Per Verga la
lotta quotidiana vige in tutta la sua crudeltà, soprattutto tra le classi
sociali più povere. Egli crede nell’esistenza del fato,un’entità superiore a
cui bisogna sottomettersi in quanto impossibile per l’uomo mutare l’assetto
naturale e sociale in cui si trova inserito.
Verga
vorrebbe una società statica,immobile senza possibilità di passaggi da una
classe sociale all’altra. Proprio per questo considera “vinti” non coloro che
continuano a vivere e a lottare restando legati al proprio ambiente come fa
l’ostrica,che per non farsi prendere ,rimane attaccata al proprio scoglio,ma
coloro che per curiosità,ribellione,ambizione tendono a migliorare. Verga non
nega il progresso,anzi lo considera positivo solo se visto nella sua globalità
ma negativo se ci soffermiamo a considerare il destino dei singoli individui. La
visione di Verga del mondo è la più desolata di tutta la letteratura
italiana,perfino di quella del Leopardi,che ha fede nella forza liberatrice
della filosofia illuministica e nella lotta solidale degli uomini contro la
natura.